Confetture e Marmellate
Il termine “MARMELLATA” indica prodotti a base di agrumi come arancio, mandarino, limone, pompelmo, ecc. Con tutti gli altri frutti si preparano confetture, confetture extra a seconda del tipo di lavorazione e una percentuale di frutta utilizzata per 100 grammi di prodotto finito.
La confettura indica un preparato con almeno il 35% di frutta, al quale vengono aggiunti zucchero, ed eventualmente altri additivi. Il termine confettura extra si applica a prodotti contenenti almeno il 45% di frutta. Esistono però in commercio prodotti che non contengono agrumi, ma che hanno una percentuale di frutta inferiore al 35%; la dicitura per questi prodotti è marmellata: anche per questi la legge prevede almeno il 20% di frutta. La gelatina infine è un prodotto preparato con il succo della frutta (senza polpa e senza buccia). La gelatina contiene almeno il 35% di succo, mentre la gelatina extra almeno il 45%.
Lo zucchero non ha solamente la funzione di dolcificare la confettura, ma diventa il conservante naturale del prodotto, per questo è assolutamente indispensabile il suo utilizzo. Le quantità per chilo di frutta possono variare a seconda della tipologia dei frutti e del gradimento personale.
Il tempo di cottura per confetture e marmellate non può essere indicato, poiché esistono delle variabili che dipendono sostanzialmente dalla quantità di zucchero utilizzata, dalla presenza di pectina nel frutto, dall’aggiunta di pectina nella ricetta, dall’acidità, dallo stato di maturazione della frutta e, non meno importante, dall’intensità del calore durante la cottura.
Con il termine generico di pectine si intendono complessi di acidi poligalatturonici esterificati con alcool metilico. In presenza di saccarosio (zucchero) e di piccole quantità di acidi organici (solitamente di acido citrico), le pectine tipicamente formano gelatine.
Nella preparazione delle confetture è necessario tener presente la percentuale di pectina presente naturalmente nei frutti, se è possibile cuocere anche la buccia (è la parte più ricca di pectina), ma anche il grado di acidità, perchè sono proprio queste componenti che gelificano rapidamente o meno le confetture e le marmellate. Le mele, le more, il ribes rosso, l’uva spina, i limoni, le arance, le prugne acerbe, sono frutti ricchi di pectina e notevolmente acidi. Le prugne mature e le ciliege dolci sono ricche di pectina ma poco acide; le fragole, l’uva, le albicocche, le amarene sono povere di pectina anche se abbastanza acide; invece i lamponi, le pesche, i fichi, le pere, sono frutti poveri di pectina e poco acidi.
Piccoli frutti
Con il termine “FRUTTI DI BOSCO” si fa riferimento ad un gruppo eterogeneo sia per specie che per tipologia di frutta, oggi indicata con altri sino-nimi come “piccoli frutti” o “frutti minori”. Queste diciture traggono origine, oltre che dalla naturale provenienza da piante spontanee di sottobosco, dalle dimensioni ridotte dei frutti e da un’attribuzione di importanza commerciale minore rispetto ad altri prodotti coltivati come mele, pere, pesche, ecc.
Sebbene le proporzioni della frutta in commercio difficilmente subiranno profonde variazioni, le circostanze sociali mostrano che il consumatore ricerca sempre più la valorizzazione di sapori legati alla nostra storia e riconducibili a momenti di genuinità rurale. Sono presupposti che hanno aperto spazi mercantili interessanti e hanno stimolato un intresse specifico nella coltivazione dei piccoli frutti.
Fragola, fragolina di bosco, mirtillo, lampone, rovo, ribes, uva spina, sono tutte specie caratterizzate da elevata rusticità; ciò permette loro di adattarsi e produrre in ambienti di coltivazione differenti per clima e condizioni pedologiche. Anche l’andamento climatico del nostro territorio risulta favorevole sia per le temperature che per la piovosità. Nonostante la rusticità delle specie, è però opportuno evitare impianti a quote troppo elevate poiché si potrebbero verificare problemi della maturazione e moria di piante per abbassamenti termici eccessivi soprattutto in primavera e al risveglio vegetativo. Il limite massimo di altitudine si aggira intorno agli 800 metri s.l.m, anche se per fragola e lampone ci si può spingere fino a 1200-1500 metri s.l.m.. È comunque sempre raccomandabile scegliere zone ben esposte, al riparo da forti venti e da gelate tardive.
I piccoli frutti sono un’opportunità di apertura verso nuove prospettive per l’agricoltura che, inevitabilmente e in modo consapevole, si avvicina a modelli produttivi più integrati con l’ambiente, il paesaggio e le mutate condizioni socio economiche.
I frutti di bosco rappresentano un’augurabile prospettiva di caratterizzazione dell’impresa agricola, per l’affermazione in un settore che, oltre alla componente produttiva, si affaccia ad interessi turistico-ricreativi e dove pare opportuno suggerire la diversificazione degli indirizzi aziendali.
Dopo anni di osservazione sull’adattabilità e sulla produttività dei frutti di bosco alle condizioni pedoclimatiche, è possibile affermarne la validità come alternativa alle tradizionali coltivazioni locali: ottimi infatti sono apparsi i risultati nella fase sperimentale delle coltivazioni.
La maggiore concentrazione di insediamenti produttivi è localizzata nelle zone pedemontane, in piccole aziende a conduzione familiare, dove il prodotto viene raccolto a mano e conferito in strutture cooperative. Alternativa comune è la vendita al dettaglio dei frutti di bosco che sono così destinati al consumo fresco. L’industria ha saputo inoltre valorizzare il piacevole sapore di questi prodotti con confetture, dolci, gelatine ed anche succhi, sciroppi e yogurth.
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